CONTESTO
I morfinici rappresentano la classe di farmaci più importante per il trattamento del dolore da cancro. La morfina ne è l’esponente più noto (e per questo talvolta sono definiti morfinici). Gli oppioidi inducono analgesia agendo a differenti livelli del sistema nervoso centrale.
L’Italia è uno dei paesi industrializzati in cui la morfina è meno utilizzata, soprattutto a causa del persistere di alcuni pregiudizi infondati. È bene, quindi, sottolineare che, quando è utilizzata correttamente a scopo terapeutico per la terapia del dolore da cancro, la morfina:
– non riduce la funzione respiratoria,
– non genera dipendenza psico-fisica,
– non abbrevia la vita del paziente.
Assumere gli analgesici, non appena si avverte il dolore, permette di soffrire subito di meno e non ne riduce l’efficacia in caso di trattamento successivo. Anzi, la terapia contro il dolore è una delle condizioni più importanti per migliorare la qualità della vita dei malati di cancro.
La terapia ha inizio con la somministrazione di un analgesico leggero per passare poi a uno più potente, se e quando sarà necessario. Se il dolore è intenso fin dall’esordio, si somministra subito un analgesico forte, come la morfina. Il ricorso alla morfina non significa che la malattia si sia aggravata o è in una fase più avanzata, come erroneamente si crede, ma semplicemente che il controllo di quel tipo di sintomo richiede in quel momento un farmaco più potente. Nel caso il medico prescriva la morfina, non si deve temere di sviluppare dipendenza. La dose da somministrare è calibrata attentamente e sarà aumentata solo se il dolore diventerà più intenso.
Gli effetti collaterali più comuni degli oppioidi sono sonnolenza e confusione mentale, stitichezza, nausea e vomito.
La sonnolenza e la confusione mentale possono manifestarsi nel 10-20% dei casi durante i primissimi giorni di terapia, ma di norma scompaiono entro 3-5 giorni. Se compaiono più tardi e persistono più a lungo, sono per lo più legati a sovradosaggio e possono essere risolti riducendo la dose, aumentando la frequenza delle somministrazioni o cambiando il farmaco.
La stitichezza è l’effetto collaterale più frequente e fastidioso, aggravato da scarsa alimentazione e idratazione, come anche dall’immobilità. Se non trattata, può anche determinare l’occlusione intestinale. Per tale motivo, alla somministrazione di oppioidi si devono sempre associare misure per garantire il corretto funzionamento dell’intestino, come ad esempio l’assunzione quotidiana di un lassativo per tutta la durata del trattamento e una dieta ricca di alimenti ad alto contenuto di fibre (
Nausea e vomito sono frequenti e molto fastidiosi, ma sono, in genere, sintomi precoci, che tendono a scomparire dopo pochi giorni di trattamento. Si possono prevenire o curare efficacemente con la somministrazione di metoclopramide o di aloperidolo
Fonte AIMAC
Buongiorno, Professoressa Aurilio.
Ho 53 anni e sono in cura con tagrisso da 13 mesi.
Il mese scorso mi viene consigliato dalla terapia del dolore morfina (contin 20 mg matt e 20 mg la sera. Per i dolori ossei e mal di testa.
Ho delle lesioni alla teca cranica (5 cm – 2 cm e una più piccola). Nel bugiardino dice che non è consigliata per chi ha traumi alla testa perché aumenta la pressione. Volevole chiederle il suo parere perché mi porta beneficio ma i dolori esterni alla teca palpabili li sento più di prima. Grazie.
Cinzia
Gentile Signora Cinzia,
se la terapia che attualmente assume le porta beneficio non è il caso di modificarla, d’altronde voglio rassicurarla che la condizione clinica di cui soffre non è ascrivibile ad un trauma cerebrale.
Aggiungerei alla terapia in atto anche un antinfiammatorio ogni 12 ore che migliorerebbe i dolori alla teca cranica.
Distinti saluti,
Prof.ssa Caterina Aurilio
Professore Ordinario di Anestesia e Rianimazione a.r.
Università degli Studi della Campania, Luigi Vanvitelli
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