5 Agosto 2024
Da diversi anni, ormai, Osimertinib è il gold standard del trattamento di prima linea del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con mutazione del fattore di crescita epidermoidale (EGFR mutato). La risposta obiettiva é di solito molto buona, a volte eccezionale, anche se esiste una percentuale non trascurabile di pazienti che non rispondono (non responders).
Il problema più grosso dell’Osimertinib in prima linea è, tuttavia, la durata della risposta che può oscillare molto, ma mediamente non supera di molto i due anni. Una delle cause della perdita di efficacia del farmaco è l’insorgenza di resistenza al farmaco, secondaria alla comparsa di una nuova mutazione: lo skipping dello esone 14 del fattore di transizione mesenchimo-epiteliale.
Tepotinib è approvato in diversi paesi, tra cui l’Italia, per trattamento di adulti con NSCLC che presenti appunto una mutazione in grado di provocare “il salto (skip)” (con perdita di funzione) del gene del fattore di transizione mesenchimo-epiteliale dello esone 14 (in inglese, METex14 skipping mutation).
Nello studio qui di seguito illustrato, l’ INSIGHT 2, uno studio multicentrico, in aperto, di fase 2, si è voluto verificare se l’associazione Osimertinib-Tepotinib potesse funzionare in caso di progressione al solo Osimertinib e di comparsa di amplificazione MET.
Abstract
Introduzione
Metodi
Risultati
Interpretazione
Finanziamento
NOSTRO COMMENTO
Lo studio qui presentato è un grosso trial internazionale di fase 2 volto a dimostrare l’efficacia terapeutica della combinazione di Osimertinib e Tepotinib nei pazienti con un cancro del polmone EGFR mutato, divenuto resistente al solo Osimertinib per la comparsa di una nuova mutazione di resistenza: l’amplificazione di MET. I dati sono del tutto preliminari e si riferiscono alla sola risposta obiettiva (decisamente buona) e alla tossicità (piuttosto pesante, nonostante gli autori la definiscano “accettabile”). Mancano i dati di sopravvivenza globale, che non sono riportati in questo primo report perché il follow-up mediano post-trattamento, di poco più di un anno, non era sufficiente per una valutazione minimamente attendibile.
In conclusione, come suggeriscono gli stessi autori dello studio, siamo di fronte ad una potenziale opzione di terapia orale mirata, che potrebbe posporre, nella condizione clinica data, l’uso della chemioterapia.
Una nota di prudenza è d’obbligo prima di accettare definitivamente l’ipotesi su esposta, che ha bisogno di ulteriori conferme.
Lunedì, 5 Agosto 2024
GIANFRANCO BUCCHERI
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