Dov’è finita l’umanità?
Riceviamo e pubblichiamo.
Cari amici di ALCASE,
vorrei raccontare una brutta esperienza accadutami ieri nell’ospedale dove viene curata la mia mamma, all’ UOC di Oncologia Medica dell’Ospedale di Treviso.
Non voglio fare i nomi dei medici coinvolti, che fanno tutti parte dell’equipe dell’ Unità Operativa Complessa, ma semplicemente esporre in quale situazione vengono a trovarsi pazienti e caregiver nei momenti peggiori della loro vita, in lotta contro un cancro aggressivo.
Ciò che si legge sempre e ovunque sono i diritti “tecnici” dei malati, ma quasi nessuno, esclusa la vostra associazione, parla del rapporto, secondo me umano ed educato, che dovrebbe instaurarsi tra paziente (caregiver) e medico.
Nel caso mio e della mia mamma, sono io che la accompagno, ascolto i medici, cerco di comprendere, pongo domande, con la speranza di avere delle risposte oneste, chiare e almeno pronunciate con gentilezza.
Invece ieri durante la visita di controllo trovo per la prima volta una dottoressa che sostituisce il medico con cui di solito mi rapporto.
Ebbene questa “professionista” si è limitata a chiedere alla mamma come stava, senza sottoporla ad alcuna visita, neppure ad una auscultazione che credevo dovesse essere eseguita tipicamente in occasione di ogni esame obiettivo. In più le pongo una domanda (credo sia lecito per il paziente fare ed obbligatorio per il medico rispondere) a seguito della quale ottengo una risposta non attinente, pronunciata con supponenza come se io fossi una bimba inconsapevole.
La situazione mi ha raggelata e non sono riuscita a proferire parola, tanto mi sono sentita umiliata. Quanto disinteresse con una punta di malignità in quelle parole!
Mi chiedo come sia possibile che chi opera in un ambito tanto delicato come l’oncologia non riesca a capire le fragilità, le insicurezze e le angosce di chi sta vivendo quella che ogni giorno è una battaglia non solo contro la malattia ma anche con chi dovrebbe tutelarti e supportarti.
Quando torno a casa, dopo aver sistemato la mamma che fortunatamente non aveva sentito perché è affetta da media sordità, mi rendo conto che non posso accettare tale mancanza di rispetto e scrivo una email al medico che ha in carico la mamma, spiegando che non era stato eseguita alcuna auscultazione, un test che, nel corso di un esame obiettivo, non dovrebbe mai mancare.
E qui un’ulteriore doccia fredda. Infatti egli mi risponde molto seccamente, che “la Dottoressa ha la mia più grande stima e per me è un punto di riferimento per il confronto nell’attività clinica quotidiana.”
Ed ha rincarato accusandomi di slealtà e falsità : “Una critica di questo tipo può esser solo frutto di malafede: la visita è stata eseguita nel modo che era opportuno; avete anche fatto perdere del tempo alla mia Collega riproponendo domande già fatte a me .” Ed ha concluso, con un… ricatto (perché questo è), invitandoci, “qualora le vostre necessità fossero diverse (che tradotto diventa “o mangi questa minestra o salti la finestra”) … a scegliere un altro team medico” e concludendo poi di non permettermi più di inviargli mail di questo tipo.
Tutto perché ho segnalato che alla mamma non era stato fatto un esame obiettivo se non un poco scientifico “Come sta?” anziché l’ispezione e l’auscultazione del torace o quanto prevedono i protocolli per i controlli periodici.
Ora chiedo: perché i malati (ed i famigliari) di una patologia aggressiva qual è il cancro del polmone devono subire l’arroganza, l’indifferenza, l’insofferenza dei loro medici mal disposti all’ascolto e al supporto, anziché avere da loro un forte sostegno su cui contare? Forse che “stressarli con UNA domanda” una volta ogni 60 giorni sia una vessazione nei loro confronti?
Ho sempre pensato che un oncologo fosse, in ambito sanitario, una figura superiore agli altri medici perché, oltre alla professionalità e alle competenze, doveva coniugare con i suoi pazienti anche umanità e sensibilità verso di loro, in quanto persone che si stavano confrontando con la morte.
Non è così purtroppo e questo mi fa stare veramente male. Sono veramente sola e non posso contare sull’appoggio dei medici. Dov’è finita l’umanità?
Vi ringrazio per avermi ascoltato
Luana
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