7 Febbraio 2020
CONTESTO:
Dopo quanto tempo si vedono i risultati della terapia con gli inibitori del checkpoint immunitario?
Di tutti i pazienti che hanno risposto al trattamento nelle sperimentazioni mediche, circa la metà hanno visto il proprio tumore rispondere nell’arco di 6/8 settimane. Ma a circa un’altra metà di pazienti può essere necessario più tempo, fino anche a sei mesi. Nelle sperimentazioni cliniche con nivolumab che hanno portato alla prima approvazione da parte dell’ FDA di un inibitore del checkpoint, il tempo medio per l’inizio della risposta al trattamento era di 3,3 mesi. In una piccola parte di pazienti, a seguito della TAC il tumore può sembrare peggiorare all’inizio e poi migliorare, oppure possono esserci nuove aree tumorali. I dottori hanno coniato il termine pseudoprogressione per descrivere questa situazione. Una teoria esplicativa del fenomeno potrebbe essere quella secondo cui, quando i linfociti cominciano ad attaccare un tumore il tumore si ingrandisca, perché un grande numero di cellule T penetrano nel tumore per ripulirlo, per poi diminuire nuovamente quando le cellule cancerogene muoiono. Perciò, alcuni tumori che inizialmente sembrano più grossi sulle scansioni TAC sono più grossi perché il sistema immunitario sta attaccando il cancro e non perché le cellule cancerogene stanno proliferando. (da Immunotherapy by LUNGevity, traduzione italiana a cura di ALCASE Italia).
Gent ma Dott.ssa,
volevo chiedere se un aumento della lesione principale (linfonodi e altri noduli stabili) in seguito alla terapia con Pembrolizumab infusa da un anno, può essere ritenuto normale o se è necessario cambiare cura. Questo nell’ adenocarcinoma in stadio avanzato .
Grazie
Cordiali saluti.
Sabrina
Gentilissima Sabrina,
purtroppo solo il radiologo può, comparando le immagini del nuovo esame con gli esami precedenti, capire se ci sia pseudoprogressione o progressione reale della malattia o meno.
L´ oncologo, da parte sua, valuterà in seguito se cambiare piano terapeutico o meno.
Si ricordi che ad ogni momento può richiedere le immagini dei suoi esami su CD-ROM al suo medico e richiedere un secondo parere radiologico ed oncologico qualora ne sentisse la necessità.
Saluti,
Dott. ssa Virginia Castiglia
Prima di inserire un commento accertarsi della coerenza con l’articolo e il sito web.
Gentile dott.ssa Castiglia,
mia madre ha 63 anni ed è affetta da adenocarcinoma polmonare con metastasi ai reni, sottoposta inizialmente (febbraio – luglio 2019) a sette cicli di chemioterapia con carboplatino e pemetrexed e da dicembre 2019, dopo la comparsa delle metastasi renali, in trattamento di seconda linea con Atezolizumab ogni tre settimane (siamo al XXI ciclo).
Nella pet di controllo effettuata due giorni fa, si evidenzia un’ attività metabolica maggiore della massa tumorale principale (polmone sx) e la presenza di noduli anche nel polmone dx, rispetto alla pet di gennaio 2020 (da allora sono stati fatti follow up solo attraverso tac ed ecografie).
La mia domanda è la seguente: in considerazione del fatto che non c’è stato un aumento significativo delle dimensioni delle masse principali a distanza di un anno dall’inizio dell’immunoterapia e a due anni dalla diagnosi, la maggiore attività metabolica evidenziata dalla pet potrebbe essere causata dall’attivazione dei linfociti T o è segno inequivocabile che la malattia purtroppo va avanti inesorabilmente?
La ringrazio in anticipo e colgo l’occasione per augurarle un sereno 2021
Dino
La pseudoprogressione, ovvero un aumento della massa tumorale iniziale dovuta al reclutamento dei linfociti nelle sedi della malattia è un fenomeno che si verifica nei primi mesi dall´inizio dell´immunoterapia. La comparsa di nuovi noduli, potrebbe far pensare ad una progressione della malattia da confermare dall’oncologo e radio-oncologo con la valutazione delle immagini di esami (meglio se dello stesso tipo) effettuati anche in tempi più ravvicinati tra loro (ad esempio valutazione delle TAC degli ultimi 3-6 mesi).
La rimando qui ad un nostro precedente intervento sulla pseudoprogressione:
https://www.alcase.eu/limmunologo-risponde/immunoterapia-e-piano-terapeutico/
Cordiali Saluti,
Dott.ssa Virginia Castiglia
Purtroppo oltre la determinazione del valore del PD-L 1 non sono state eseguiti test genetici per ricercare eventuali mutazioni perché l”oncologo mi spiegava che nel carcinoma polmonare ad istologia squamosa non venivano eseguiti, a differenza dell’ADK polmonare.chr li prevedevano.
Da quello che posso capire potrei ancora chiedere un’approfondimento sul discorso mutazioni genetiche?
Gentile Antonio,
è vero che il carcinoma polmonare a cellule squamose raramente presenta le classiche mutazioni presenti nell´adenocarcinoma come ALK o EGFR.
Tuttavia, nuovi studi dimostrano che in alcuni pazienti con questo tipo di tumore polmonare sono presenti altri tipi di mutazioni come c-Met, VEGFR2, AXL e RET.
A fronte di ciò nuovi farmaci mirati (in particolare inibitori di multiple chinasi) sono al momento testati in diversi studi clinici come il Capmatinib o il Cabozantinib.
La invito a parlare con il suo oncologo circa la possibilità di entrare in uno studio clinico sperimentale.
Cordiali Saluti,
Dott.ssa
Virginia Castiglia
Buongiorno Dottoressa.
Al momento hanno intrapreso con mio papà chemioterapia con taxotere settimanale e gli sono state somministrate 2 infusioni.
Gentilmente le chiederei se, in virtù della ripresa della chemioterapia, ciò preclude comunque una possibile ripresa dell’immunoterapia?
Grazie
Antonio
Gentile Antonio,
La decisione dell´oncologo di sospendere l´immunoterapia e intraprendere nuovamente la chemioterapia credo sia stata dettata da progressione della malattia con una nuova sede metastatica.
I protocolli prevedono di proseguire con l´immunoterapia fino a progressione della malattia.
Sta all´oncologo decidere se tentare nuovamente questa strada dopo un nuovo ciclo di chemioterapia, con lo stesso farmaco o probabilmente con un altro.
Mi scusi se insisto, ma sono stati fatti test genetici per ricercare eventuali mutazioni? Io proverei quella strada e valutare se esiste un farmaco mirato (veda l’articolo al link in basso) che possa fare al caso di suo padre (se un’ eventuale mutazione genetica fosse presente).
https://www.alcase.eu/farmaci-mirati/
Cordiali Saluti,
Dott.ssa
Virginia Castiglia
Caro dottore
Personalmente sono più di 6 anni che sono in cura immunoterapia.
Il quadro clinico è sempre stato buono, pochi effetti collaterali.
Solo che ora per paura del coronavirus, ho interrotto la cura.
Ora credo che dovrò ricominciare, ho sospeso per 2 mesi ma ho paura.
Che mi consiglia?
Grazie mille
Luciano
Gentile Luciano,
sottoporsi all´immunoterapia non rappresenta un rischio per sè di infezione.
Ciò che può rappresentare un fattore di rischio è avere valori bassi dei globuli bianchi (soprattutto neutrofili < 1500) che molti pazienti riportano a seguito di chemioterapie citotossiche come il cisplatino e il carboplatino. Ad ogni modo anche in questo caso, raccomanderei sempre di proseguire le terapie oncologiche (che sono garantite anche nelle difficili circostanze in cui i nostri ospedali si trovano al momento) e sottostare strettamente alle misure di sicurezza alle quali tutti siamo invitati, quali mantenere la distanza di sicurezza da chiunque (familiari con i quali si convive, esclusi) di almeno 1,5m, uscire solo se strettamente necessario e provvisti di mascherina (in quanto soggetto a rischio, soprattutto quando si va in ospedale), lavarsi spesso le mani, disinfettare superfici come bagni, tavoli da pranzo e scrivanie. Se il suo sistema immunitario ed i valori dei suoi globuli bianchi sono nella norma, e se soprattutto sta rispondendo bene al trattamento (dopo 6 anni è un ottimo risultato!) le consiglierei di parlare con il suo oncologo e valutare se riprendere la terapia al più presto. Cordiali Saluti, dott. Virginia Castiglia